Il termine gruppoanalisi viene in genere riferito all’opera di S.H. Foulkes rimanendo in ombra il fatto che esso è stato coniato da Trigant Burrow, che ne ha elaborato le basi teorico-metodologiche.
Co–fondatore nel 1911 della Società Americana di Psicoanalisi, ne divenne in seguito presidente, venendo espulso dopo circa venti anni per divergenze ritenute irriducibili, invece che riconosciuto come ispiratore di uno sviluppo della psicoanalisi in base alla concezione sociale dell’individuo.
Dobbiamo alla nostra socia Edi Gatti Pertegato, la conoscenza approfondita della vita e delle opere di questo geniale precursore, di cui sono stati pubblicati in Italia i lavori psicoanalitici e gruppoanalitici più significativi.
È stata pubblicata da Karnac Books la versione inglese col titolo “From Psychoanalysis to the Group – The Work of Trigant Burrow”.
Col termine gruppoanalisi non viene intesa un’estensione della teoria psicoanalitica dal setting individuale a quello gruppale, ma si assume come oggetto della ricerca e della terapia analitica la struttura intrinsecamente collettiva della mente, la sua gruppalità interna, sia nei suoi fondamenti coscienziali che nelle sue successive ristrutturazioni riflessive.
Questo fondamento dell’identità individuale si istituisce sulla base dell’interazione tra le intenzionalità dell’ambiente (i significati molteplici che l’ambiente famigliare assegna al bambino) e i dispositivi protomentali (gli assunti di base) del bambino.
Le intenzionalità rappresentano gli etero-organizzatori della struttura cognitiva individuale, mentre i dispositivi protomentali, riassunti col termine autòs, ne rappresentano gli auto-organizzatori. Il prodotto di questa etero-auto-organizzazione è l’Idem (l’identico) in quanto tende a essere quella componente dell’individualità che riproduce l’ordine dei valori e degli affetti dell’ambiente di cui ciascun individuo è stato parte integrante e che diviene quindi parte integrante dell’individualità.
L’Idem è dunque l’internalizzazione della dimora (in greco, ethos) originaria, che può essere variamente ristrutturata con lo stabilirsi e lo svilupparsi dei rimandi circolari tra esperienze vissute e mappature neuronali (vedi i recenti apporti delle neuroscienze nella loro declinazione neurofenomenologica).
Ogni processo di ristrutturazione, come espressione dell’autòs individuale, riduce la rilevanza delle componenti eteronome dell’idem, facilitando quindi i processi simbolopoietici (la creatività progettuale).
Nel suo fondamento l’Idem è l’ordine famigliare internalizzato, e ha l’implicita funzione di adeguare il nuovo nato all’insieme di intenzionalità e di aspettative dell’ambiente, il che significa “normalizzarlo”.
Ogni successiva ristrutturazione autentica modifica la “normalità privata” consentendo un confronto dialogico con il “senso comune”. Ogni processo di ristrutturazione è sempre parziale, e ciò comporta una persistenza in misure variabili della “normalità privata” che, essendo all’origine impostata da un ordine eteronomo, mantiene comunque l’individuo in una corrispondente condizione di “alienità”, sia rispetto al suo stesso ipse (la consapevolezza dei limiti della propria autonomia), sia rispetto al “senso comune”.
In questa prospettiva la gruppoanalisi libera la pratica analitica dalla sua deriva medicalistica per la quale ogni devianza comportamentale rispetto al senso comune viene omologata a una malattia, e, come tale, viene inscritta in una rigida nosografia, per quanto continuamente rimaneggiata per le sue intrinseche incongruenze e per l’estrema fluidità dei confini tra i diversi quadri “patologici”. Ogni devianza viene invece interpretata come la manifestazione di un’eccedenza delle componenti identiche su quelle autentiche, ovvero come espressione di una persistente egemonia della normalità privata rispetto a una normalità consensuale concepita auto-poieticamente.La “coazione a ripetere” è vista quindi come manifestazione di un vincolo alla propria privata normalità, e col termine normopatia viene indicata la condizione di patimento di tale vincolo.
Queste premesse teoriche comportano sensibili modificazioni sul piano clinico: il trattamento gruppoanalitico non consiste in un processo di adattamento al principio di realtà, attraverso una spiegazione di cause e meccanismi inconsci, ma consiste in un riattraversamento critico delle fonti storiche (gli eventi oggettivamente accaduti) per una comprensione della complessità interattiva delle esperienze vissute dell’individuo e del suo ambiente originario, così come della comprensione delle componenti identiche e autentiche, attivate sia dal paziente che dall’analista nel loro rapporto attuale.
Ciò significa che il paradigma scientifico della gruppoanalisi è di tipo costruttivista e non è quello empirico-causalistico proprio delle scienze della natura. Per una maggiore visibilità di questi concetti si rinvia a ai due lavori su “La bipolarità della mente relazionale”, così come al grafico con legenda redatti da Diego Napolitani e a un video, che ne è una libera interpretazione audio-visiva, ideato e realizzato da Giuseppe Sammartano (vedi la sezione Pubblicazioni e video).
Da tutto ciò consegue una prospettiva di sviluppo della ricerca nella direzione “antropoanalitica”, in quella direzione inaugurata da Ludwig Binswanger nel cui cono di luce prese l’avvio l’avventura di Fabrizio Napolitani e tutto lo sviluppo della cultura della Sgai.